WHV: come funziona e come applicare

L’Australia sta tornando ad essere quel sogno immaginato dai nostri nonni: un paradiso dove vivere bene e sopravvivere dignitosamente.

Gli splendidi paesaggi (spiagge incontaminate, rigogliose foreste pluviali, deserti infiniti…), la qualità della vita seconda a quella di nessun altro paese nel mondo e un panorama economico ancora invidiabile, fanno sì che l’Australia, nonostante la sua posizione agli antipodi, occupi i primi posti nella classifica mentale di chi vuole iniziare una nuova esperienza.

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Expat Life

Che cosa sta succedendo alla nostra generazione?

Se per i nostri genitori la strada che dovevano percorrere nella vita era, bene o male, una linea retta che prevedeva delle tappe fisse (studiare, trovare lavoro, sposarsi, riprodursi e contribuire alla crescita e al benessere del nucleo famigliare), per noi le cose sono cambiate.

Colpa di un sistema economico che non ci permette di trovare la nostra strada verso l’appagamento professionale, ma anche colpa di una società globale ed interconnessa, che ci mette a disposizione un volume di informazioni in tempo reale e che abbatte le difficoltà organizzative legate al viaggio.

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La relatività del tempo, ovvero 5 anni dopo.

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Correva l’anno 2012 quando prendevo la decisione di aprire questo blog. Stavo per lasciare l’Italia per l’Australia e mi ripromettevo di annotare qui i miei ricordi di viaggio. Pensavo di avere un’infinità di tempo per scrivere e annotare tutto quello che stava per succedere. Evidentemente mi sbagliavo. Il viaggio è stato così intenso, che non solo non mi ha lasciato tempo per scrivere, ma ha sconvolto i miei progetti più di una volta, tanto da rendere energia sprecata quella impiegata nel prendere decisioni.

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Siamo tutti un po’ immigrati.

Ho aperto il blog dopo un po’ di tempo e mi sono accorta che è passato più di un mese dall’ultima volta che ho scritto, ma sembrava molto meno. Il tempo qui passa in fretta, veloce come i mutamenti che porta con sè.

Che cosa cambiava in un mese di lavoro a Milano? Niente, o quasi: certezze, stress, lavoro, abitudini, camera, pasti, letto… sempre gli stessi. Che cosa è cambiato in un mese di quasi – cazzeggio su e giù per l’Australia? Di tutto.

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Cambiare.

I giorni si susseguono, uno dopo l’altro, quasi tutti uguali. La pioggia ha lasciato posto a un sole bellissimo. Comincio ad avere qualche abitudine. Abitudini nuove, ma sempre pericolose: credo che siano proprio queste che cominciano a legarci irrimediabilmente a un luogo e che rendono il distacco piacevolmente doloroso.

Piacevole perchè la partenza da qualsiasi luogo rappresenta una rinascita e l’inseguimento di un sogno o di se stessi. Un sapore agrodolce, dietro cui si cela il dolore inevitabile della partenza: l’interruzione delle connessioni che necessariamente si creano e la paura di dover ricostruire tutto da capo, un’altra volta.

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Partire, arrivare, ambientarsi

Scendiamo dall’aereo, dopo 3 giorni di viaggio, ed eccoci arrivati dall’altra parte del mondo. Forse solo adesso abbiamo realizzato che le sorti di questa lunghissima vacanza gravano esclusivamente sulle nostre spalle.
Brisbane, Queensland, caldo umido e ancora troppi pochi elementi per giudicarla. Una cosa mi colpisce in particolar modo: il cielo. Un cielo che, con il sole e con le stelle, si apre in un orizzonte sconfinato che cerca di far capire a chi sta ammirando il suo spettacolo la giusta dimensione delle cose. Il cielo contro cui si staglia lo skyline moderno e un po’ americano di Brisbane.

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